domenica 9 dicembre 2007

Luca il buono. Racconto di fantasia (ma neanche tanto)

Domenica, ore 9. Luca il buono si sveglia. Ha dormito da solo perché la moglie è andata a trovare i genitori, ma tornerà in serata. Si gira un po’ nel letto, aspettando il momento buono per alzarsi. Una volta in piedi va in bagno, piscia, si lava le mani e la faccia. Uscito dal bagno chiama la cameriera, avvisandola che è pronto per scendere a fare colazione. Nello stesso momento in cui arriva nella sala da pranzo arriva la devota cameriera, con un vassoio con latte, caffè lungo, biscotti e due cornetti, uno alla crema, l’altro alla cioccolata. Subito dopo ritorna con una caraffa di succo all’arancia. Luca il buono le conferma, come già le aveva avvisato, che pranzerà fuori e, magnanimo, concede all’attempata signora la serata libera, visto che rientrerà tardi ed andrà immediatamente a dormire. La signora ringrazia e se ne va. Luca il buono ha dormito male questa notte, si vede. Un pensiero è divenuto da qualche giorno ad oggi un suo tarlo fisso e non riesce a liberarsene. Forte in lui è l’amarezza. Aveva pianificato tutto. Aveva atteso che le condizioni fossero le migliori possibili. Ed aveva stabilito che oggi, domenica 9 dicembre, sarebbe apparso alla festa dei motori, tra i suoi uomini in rosso per annunciare la decisione compiuta di dedicarsi alla res publica come uomo nuovo, portatore di una sublime idea del bene e della libertà dell’individuo. Si immaginava già i commenti di quegli uomini che sarebbero diventati poi i suoi cortigiani: “Luca il buono è anche bello, bravo, vincente, democratico, liberale, giovane, intraprendente, e quant’altro.” Si immaginava osannato dai più. Portato in trionfo. Un nuovo Cesare. E invece un pezzente ha rovinato tutto. Una maledetta torcia umana a Torino ha distrutto il suo sogno. Quel figlio di puttana non poteva stare attento. C’è la legge 626/1994 apposta. Beghelli ha fatto due palle così con quella storia. E invece no quel bastardo mi muore in fabbrica. Sarà stato sicuramente un comunista, che picchia la moglie, che non fa girare l’economia perché pretende di arrivare a fine del mese con 900 euro (che cretino) e che avrà tifato anche Torino. Che sia maledetto. Luca il buono ci pensa mentre addenta il cornetto alla cioccolata (“che buono però”, pensa in quell’attimo). Aveva anche chiesto ai suoi amichetti sindacalisti se poteva in ogni modo annunciare la sua scelta. Loro, da bravi crumiri, lo hanno dissuaso dal farlo, ma hanno garantito che faranno di tutto per evitare uno sciopero e che saranno sempre disponibili a fornire nuovi operai per soddisfare le volontà di sodomia di Luca il buono. Finita la colazione Luca il buono si veste, si fa bello con un’iniezione di botulino, sale in macchina e parte alla volta della festa dei motori. Una volta arrivato sale sul palco e racconta l’ennesimo successo dei suoi uomini. Con lui i suoi collaboratori, i quali, essendo consapevoli del suo stato d’animo, gli fanno dei gran festeggiamenti per tirargli su il morale. A Luca il buono esce anche un sorriso, espressione della gratitudine verso i suoi uomini. Ma non può fare a meno di pensare a quando dovrà rimandare la sua candidatura. E teme di non avere più possibilità. Luca il buono torna a casa a tarda notte, dopo aver passato la serata in compagnia di una delle sue tante amanti. La moglie dorme e non lo sente rientrare. Non si accorge nemmeno del bacio che lui le da sul viso meraviglioso. D’altronde è moglie di Luca il buono, e non può non essere perfetta, anche quando dorme. Luca il buono non dorme neanche questa volta. E alla fine si alza, molto presto, alle sei e mezza. Da una mezz’ora circa, in tutta Italia, gli operai hanno iniziato a lavorare con il lutto al braccio. E lo porteranno altri due giorni. Luca il buono si sente sollevato e dice tra sé: "Beh, mi posso proprio fidare dei sindacati".

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