venerdì 31 luglio 2009

Nulla può far danno a un uomo buono, né in vita né dopo la morte. (Socrate)

Il mondo oggi lo piange, e tutti noi con esso.
Non era il migliore, o il più vincente, o il più simpatico, o il più mediatico, o il più catenacciaro. Non si può dire che fosse uno che risaltasse. Amava stare lì sullo sfondo: ti ammoniva con un'occhiata se perdevi un confronto diretto che non andava assolutamente perso; con la sua sola presenza ti invitava a non mollare, a crederci ancora, a dare magari fiducia a quel giovane bomber che sembrava aver perso la luce negli occhi e la via della rete. Stringendo il suo trofeo ti ricordava che ogni sforzo sarebbe stato ripagato. Il suo complimento più grande era offrirti il suo silenzioso consiglio, in fondo condividevate la stessa passione e le stesse responsabilità. Emigravi in Argentina, tentavi la fortuna in Portogallo, provavi ad essere profeta in patria, salpavi nella terra d'Albione, sfumavi i tuoi ultimi anni nelle nebbie di Germania; e lui era lì con te. Poterlo chiamare collega significava che, in ogni caso, ce l'avevi fatta: i tuoi sogni erano la tua vita.
Vita che ora se l'è lasciato scappare...
Ma noi, ogni volta che vedremo una banda bicolore lampeggiare, ogni volta che immagineremo di sentire il boato dello stadio impazzito, ogni volta che ci esalteremo di nuovo per il gol di un bomber thailandese o affideremo la fascia di capitano ad un ruvido centrale brasiliano, allora, penseremo a lui.

Perché, chi ha giocato a scudetto 97/98, non ti può dimenticare.

Addio Sir Bobby.