domenica 25 giugno 2006

Non si tratta di odio, credo sia pura incompatibilità

Sassari, ore 11.30 del 24 giugno 2006. Che cazzo ci faccio oggi a Sassari? Uno scolorito biglietto trovato incastrato vicino un arrugginito canterto di una vecchia persiana verdastra mi ci aveva portato. Quella persiana l'avevo incontrata quasi per sbaglio per strada mentre facevo serata, insieme a lei. Tutti e due l'indomani della grande sbornia portavamo i segni della nottata: io allucinazioni causate da intossicazione al fegato, lei ancora aveva attaccati i capelli biondo cenere di quella povera ragazza che le si era messa davanti mentre la spingevo brutalmente addosso una fastidiosissima mosca. Dio quanto era fastidiosa. Quell' assordante botta però aveva portato alla luce non solo la zona parietale della sventurata, ma anche un piccolo nascondiglio posto proprio accanto al canterto alto della persiana accuratamente nascosto sotto uno spesso strato di vernice verde ora molto lontana dagli antichi splendori. Il biglietto nascosto dalla fessurina per quanto fosse usurato e scolorito parlava chiaro: "SASSARI". Solo che c'era scritto solo quello. Ne dovevo sapere di più, ormai mi ero sporcato le mani, me le lavai e partii verso Sassari. Arrivai all'areoporto di Caltanissetta il pomeriggio del 23 giugno e solo dopo 4 ore passate alla stazione dei bus per trovare quello giusto, mi resi conto che Sassari non era in Sicilia. Mi fu subito facile corrompere un anziano singore affinchè mi portasse a Trapani per imbarcarmi sul primo traghetto verso Cagliari in cambio di un Viaggio pagato. Presso Cagliari corruppi lo stesso anziano signore (che era andato in viaggio a Cagliari) stavolta per una vulva, intesa però come fodero della spada. E adesso accomi qui. A Sassari senza sapere che fare, dove andare, con chi parlare, ed ora anche senza la mia vulva (fodero). A Sassari senza nulla da fare. Senza voglia di fare (nn figa).

10 commenti:

Anonimo ha detto...

facce un film: SASSARI A CASO

arx ha detto...

oppure SASSI A CASO

Con Carlo Sassi e Mimmmo Caso, regia di Hans-Peter Briegel Perini

arx ha detto...

Questa storia accattivante mi riporta alla mente di quando mi sono trovato mio malgrado ad Alessandria d'Egitto. In quel caso a portarmici non fu un foglietto trovato in un'imposta, nè un viaggio organizzato, bensì un panificatore.
Il fornaio in questione mi chiese un giorno se potevo ricambiare il favore che gli dovevo, da quando mi aiutò a colpire con precisione con la mia balestra la punta di un iceberg fornitomi dalla dolfin (quella dei polaretti. L'iceberg mi serviva appuntito e siccome quegli incapaci della dolfin me lo hanno spedito difettoso ho realizzato che il modo migliore per apportare la modifica necessaria era usare la vecchia balestra comprata in Australia durante il mio viaggo di nozze. Da solo però non riuscivo a prendere bene la mira, così mi rivolsi Ad elmo che mi aiutò permettondomi di avere finalmente di avere un iceberg pronto all'uso. Mamma mia quanto ho divagato, comunque, Ad elmo mi chiese di andare A lessandria con lui. Aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a sconfiggere il suo acerrimo rivale: Ahmed il fornaio magico.
Sembra che quest'individuo, dall'aspetto innocuo e accogliente, fosse in grado di produrre file di pane che oltre ad avere un buonissimo sapore avevano la proprietà di dare un energia spaventosa a chi le consumava. In Egitto girava la leggenda che un uomo di 76 anni fosse riuscito a sollevare da solo l'auto di una sua amica dopo aver consumato una sola fetta del suo pane.
Gli effetti del pane di Ahmed sembravano non solo essere in grado di dare forza, ma anche una certa euforia, una sorta di piacere prolungato sicuramente dovuto anche alla bontà del suo pane.
Addirittura, nei mesi precedenti la nostra missione, il pane di Ahmed cominciava a diffondersi tra i giovani e tra i frequentatori di discoteche. C'era addirittura chi lo utilizzava come doping per migliorare le proprie prestazioni nello sport. Centinaia di atleti egiziani hanno dovuto rinunciare a partecipare alle olimpiadi invernali di Albertville proprio perchè trovati positivi al pane di Ahmed.
Ebbene, arrivati ad Alessandria d'Egitto fummo subito assaliti dalle forze dell'ordine, che, notati i sacchi di farina che Ad elmo portava sempre con se, si insospettirono chiedendo se stessimo cercando di sabotare Ahmed.
Ad elmo fu bravissimo a fingere che si trattasse di cocaina, facendo finta di tirarsi due o tre righe di farina (non ho mai visto nessuno mentire così bene davanti al pericolo... no, forse uno si).
Sfuggiti quindi alle grinfie dei poliziotti (che in Egitto vengono chiamati Ahl-Ahmadini-Toulah-Kath-Siteh-Moushafri-Tinemmah-Sihed-Kathrian), cidirigemmo al quartier generale del fornaio magico.
Ahmed viveva in una grandissima pagoda in stile orientale, decorata con spighe di grano attorcigliate che salivano dalle colonne laterali fino alla cima della costruzione. Le finestre erano a forma di pagnotta, e dal tetto scendevano lunghi e sinuosi rivoli d'acqua che finivano il loro lento corso nella grande piscina situata al centro dell' immensa scalinata centrale.
Rimasi a bocca aperta, e venni distolto da quell'ipnotico spettacolo dal mio compagno di viaggio, che con un sonoro gargarozzino mi riportò alla realtà. Mi spiegò in breve il suo piano e mi mandò a comprare tutto il necessario: 5 metri di pizza margherita, una grossa pietra tonda, un pò di cani molto piccoli e dei groandissimi sandali di cuoio.
Preparato tutto ci coriacammo e aspettammo trepidanti e insonni la mattina seguente.
Svegliati dai varani del vicino ci dirigemmo immediatamente in cima alla collina che sovrasta la città, nuovamente ai piedi della pagoda di Ahmed.
Eravamo pronti ad attuare il piano, mi riemoii le tasche di rodio e cobalto e salii sul trabucco. Ora non restava che attendere il momento giusto. Scorgemmo Ahmed affacciatosi alla finestra della sua maestosa camera da letto, ma non era ancora il momento. Ahmed si diresse verso il suo bagno a baldacchino, da cui era solito ammirare la città sotto di lui mentre faceva la sua pipì mattutina.
Era il mometno!
Ad elmo azionò il tabucco, io vennì sparato a velocità superbubbonica verso la finestra del bagno. Riuscii a intravedere per una minuscola frazione di secondo l'ultima espressione che Ahmed avrebbe mai fatto. Lo stupore e il terrore erano coinquilini dei suoi occhi, la sua bocca tentò di emettere qualche tipo di suono, ma era troppo tardi, la mia testa era già entrata nel suo sterno e stava per sfondargli la spina dorsale per poi uscire dalle sue spalle. Fu proprio così che interrompemmo il suo monopolio.
Io con la mia testa, e le mie tasche piene di rodio e cobalto avevamo traforato Ahmed, il fornaio magico.

pulcino da combattimento ha detto...

l'altro giorno, immerso con pregevole concentrazione nello studio di "FORMULE INUTILI ED INCOMPRENSIBILI" mi venne il colpo di genio: che quel biglietto trovato sia stato un anagramma? scrissi rapidamente sassari su un foglietto di carta (l'originale lo avevo barattato con l'anziano signore del passaggio per una sigaretta) per visualizzare meglio l'intera parola... non ci credevo... le mie gambe iniziarono a cedere, il cuore aveva iniziato a battere con più insistenza e la vista si annebbiava. il mio primo infarto. passarono dei minuti ma riuscii ad alzarmi seppur non con destrezza, ma ci riuscii. rilessi il foglio con scritto "SASSARI" e mi accorsi subito (forse grazie all'infarto che mi aveva posto in una condizione mentale di non far caso alle cosa inutili) che il messaggio simblico era enorme: SASSARI = RISSA SA. rissa sa. rissa?sa!. le cose cambiarono di colpo: quel messaggio era stato scritto da qualcuno, ed io sentivo nel mio profondo che si trattava di qualcuno di Senigallia. la parlata, seppur scritta, era evidente: rissa? sa! come dire certo! quindi rientrato in forze, misi l'accapatoio e uscii di corsa da casa con direzione senigallia, l'ospedale di senigallia, reparto cardiologia. rimasi lì per sei mesi finquando non trovarono un mio clone dal quale strappare il cuore con violenza e trapiantarlo nel mio corpo. il giorno che sarei dovuto uscire il dottore mi avvertì che il mio clone, essendo mio clone, aveva tenuto stili di vita simili ai miei e quindi anche quel cuore era ad alto rischio infarto. felice di essere nuovamente tornato come prima, uscii dall'ospedale e ripensai subito al biglietto ed al suo significato nascosto: rissa sa. diedi impulsivamente un gancio sotto il naso ad una anziana signora che stava passando sul marciapiede con me in quel momento, ma la mia intuizione sembrò rivelarsi vana. ormai a corto di idee mi incamminai a piedi verso casa quando ad un certo punto noti con la coda dell'occhio una macchina che mi si accostava lentamente, poi sentii qualcuno dire "bisogno di un passaggio?" mi giro e tran! chi ho davanti? l'anziano signore che mi aveva aiutato nel deambulare nulle isole italiane! salgo in macchina e nel tragitto verso casa (stavolta senza nulla in cambio) gli raccontai della mia storia. giunti davanti casa mia l'anziano spense il motore ed aspettò che io finissi di raccontare tutto. al termine l'anziano mi pose una domanda (che solo con il senno di poi capii che non si trattava di una domanda): "dunque le informazioni erano giuste?" io spanai gli occhi con stupore e con fanciullesca agilità l'anziano mi trafisse la carotide da parte a parte con un coltello da macellaio e per depistare le indagini mi uccise soffocandomi (era certo che avrebbe dato una bella gatta da pelare allo staff dell'autopsia). mi vide spirare l'ultimo respiro e partì con una gatta in mano per non si sa dove.

arx ha detto...

La storia però non finisce qui.
Non era così facile farla franca dopo aver fatto fuori uno dei panificatori più potenti del mondo.
Il subdolo piano di vendetta postuma di Ahmed si stava mettendo in atto.
Mentre tornavo col mio amico al quartier generale, provai a telefonare a mia madre per dirle che era andato tutto bene e che l'assassinio era andato a buon fine. Il cellulare non funzionava, sentivo solo degli strani fruscii. Pensai a un momenteneo black out delle linee telefoniche egiziane, visto che anche Ad-elmo succedeva la stessa cosa. Mi sbagliavo di grosso.

Ad un certo punto il telefono squillò, il numero era 765432. risposi e nessuna voce si fece sentire. Soltanto dei rumori in sottofondo e qualche urlo in arabo. Stavo per chiudere maledicendo la vodafone egiziana quando sentii una fortissima esplosione.
Il brutto è che la sentii con tutte e due le orecchie, perchè lo scoppio proveniva dall'altra parte della città.
Entrammo in un bar con tv e dopo pochi secondi partì l'edizione straordinaria del telegiornale locale, era esploso un aereo all'aeroporto: il volo 765432.
Guardai il mio biglietto e lessi: volo 765432.
Mi voltai di scatto verso Ad-Elmo, non era più con me. Uscii dal bar e vidi una piccola macchina gialla che sgommava via. All'interno vidi Ad elmo con la testa appoggiata al finestrino e gli occhi chiusi. Fermai un taxi e urlai "segua quella macchina!" Il tassista rimane fermo a guardarmi.. "Follow the yellow car!!"
Finalmente partì e a giudicare dallo scatto aveva capito l'urgenza della situazione...

...Il duello fu all'ultimo sangue.
Lo scenario era un ponticello di assi di legno e corda sospeso su una gola tra due vulcani attivi.
Le forze mi venivano meno, un pò per i fumi e le ceneri che mi annebbiavano la vista, un pò per la grossa ferita che avevo sul petto.
Il dolore era lancinante, e penso che mi fossero rimaste delle scaglie di legno infilzate non so dove, vicino allo sterno...

...Il vecchio prese dei piccoli rospi da una cassetta piena e li schiacciò sopra il mio petto sanguinante. Un liquido schifoso scivolò sulla ferita...

...La maggior parte di loro era vestita di giallo "usciti per piallo" pensai, e sorridendo tra me e me partii all'attacco...

... Non potevo crederci, ero di nuovo ad Alessandria...

...La ragazza mi aiutò a scendere, il mio occhio stava veramente male. Non sapevo cosa fare, chi le avrebbe detto la verità se non lo avessi fatto io?...

..."Puah!! E questo lo chiami tabacco?" "C'è chi mi pagherebbe oro per poterne assaggiare solo un pò"...

...Eravamo al dunque, le sfilai dolcemente il velo che le copriva il ventre ambrato e apparve uno strano tatuaggio: 765432. "Cazzo!"...

... Era il momento, se volevo immobilizzarlo, questa era l'occasione giusta...

..."Non ce la faccio più" dissi piangendo...

tamas ha detto...

"Esse umile", disse l'ispettore McCarthy al suo miglior agente, il tiratore scelto Bobby Strokes. Bobby Strokes veniva dal Colorado. Si era fatto un nome facendo la cacca sopra i bisonti, sparando alle poiane, attaccando le caccole sulle ali delle aquile dalla testa bianca. Insomma un testa di cazzo, ma decisamente agile. "Esse umile", ripeté l'ispettore baciando le tibie di Strokes per intenerirlo, "vence nte sto cazzo de Kuala Lumpur". "None", argomentò deciso Strokes, mentre pitturava la sua squadra di Subbuteo (lo Spezia) di arancione per farla sembrare l'Olanda di Cruyff, "io non vo propio nvelle". 24 ore dopo erano già a Pistoia. La fermezza di McCarthy aveva vinto ancora, ed erano già sulle tracce dei banditi malesi. Chi poteva scappava, alla vista dei due superpoliziotti newyorkesi: l'uno vestito di verde, polo verde, scarpe verdi, pantaloncini verdi, ghette verdi, pistole con cinturone verde, pallottole verdi, insomma praticamente invisibile nella giungla malese. L'altro, Strokes, con un tutù rosa sulle gambe leggiadre ed una maglia dell'Olympique Marsiglia, perché lui voleva che i delinquenti lo vedessero bene, e lo temessero. Due giorni dopo, al porto di Livorno, le prime avvisaglie della tragedia: il pedalò a reazione affittato da McCarthy si rivelò un banale pacchetto di Tuc, pitturato, stirato, inamidato, concionato, asseverato, centellinato e punzonato. McCarthy scoprì subito l'imbroglio, e la fece pagare cara agli imbroglioni: una salva di bombe carta, ordigni nucleari e stelle filanti ricoprì i malcapitati trasgressori, mentre sullo sfondo Strokes rubava ad una vecchietta un cd dei Franz Ferdinand. Livorno ancora oggi piange le sue 112.000 vittime (133.280 con l'IVA al 19%). I nostri si avventurarono allora a nuoto verso il Lago d'Aral, dove i malesi avevano una delle loro 264 basi più pericolose (la trentanovesima, secondo gli sbirri acquatici, e molto salati, in servizio costante sul Lago d'Aral). Ma di questa storia parleremo in seguito.

pulcino da combattimento ha detto...

arrancando privo di forze e affamato, con oltretutto uno smodato desiderio di fare pipì, riuscii comunque ad entrare dalla finestra del 2° piano nel palazzo del malfattore. l'impresa era stata ardua, avevo perso tutta la mia squadra, ma ora al riparo dal fuoco esterno potevo ritrovare le forze necessareie per portare a termine il mio compito. mangiai delle barrette integrative e bevvi la mia urina ma nonostante questo non riuscivo a togliermi dalla mente i volti dei miei amici morti per la causa. un volto in particolare continuava ad aleggiare nei miei pensieri, si proprio lei, con quel suo viso stanco e vissuto, mai però privo di speranza... perchè lo aveva fatto... quella palottola mi sarebbe finita in una coscia nulla più... ma lei aveva fatto scudo con il suo non più giovane corpo per evitare che venissi ferito... oh bruna betti perchè quella maledetta pallottola ti aveva trapassato il cuore per poi fermarsi nel midollo spinale... nn ti dimenticherò mai. per non parlare poi dell'artificiere scelto franco, che abbandonato il suo piccolo esercizio alimentare per dedicarsi anima e corpo alla causa, era venuto meno dopo aver messo il piede in una mina anti-capomaggio proprio davanti alle poste mentre tornava a casa... cazzo mi stavo ricaricando anche di rabbia. la spia infiltrata donatella ebbe dovuto confessare tutto dopo essere stata minacciata con una matita ed un temperino del negozio di marinella, per poi essere sgozzata con la terrificante pizza di carletto. tino aveva perso la rotula dopo un conflitto a fuoco con romoletto che abituato a sparare ai ben più agili cinghiali non ci mise molto a sparare su una merda immobile. iniziavo ad avere fame, ma una fame molto particolare, fame di vendetta. controllai che nella mia tasca interna del giubbotto anti-fabione ci fosse ancora quello che insieme, ognuno di noi aveva messo nella sua tasca interna presso il nostro quartier generale... ormai ero l'ultimo e la missione non poteva fallire. estrassi la piantina del municipio per valutare quale sarebbero dovute essere le mie successive mosse. capii di essere entrato nella finestra del cesso e subito pensai al perchè mi fossi dissetato con la mia urina.. ma ciò già apparteneva al passato ed uscii di soppiatto dal cesso. un lungo corridoio non sguarnito di porte e quadri (ad intervalli regolari) si spiegava davanti ai miei occhi; le scale che dovevo percorrere si trovavano proprio alla fine di quel corridoio. avanzai aiutandomi con i gomiti strisciando piano piano fino a metà corridoio. ancora nulla di anormale a parte la striscia che continuavo a lasciare alle mie spalle: evidentemente quel corridoio non veniva pulito da parecchie lune. avanzai ancora, sempre facendo attenzione di non fare il benchè minimo rumore, quando iniziai a sentire un prurito al naso... puttana troia mi ero dimenticato di prendere la mia dose giornaliera di antistaminici e io stavo praticamente scopando la polvere... in tutti i sensi. non ce la facevo più, le vene nel mio collo si erano già gonfiate, la mia faccia era paonazza ed io non riuscivo più a trattenere il fiato. quando accadde. starnutii con una violenza tale che proabilmente la squadra ufficiale di Quadrati dei "Sordomuti del giardino" si sarebbe girata tutta di scatto a guardarmi. ed infatti avvenne. erano di guardia in una delle stanze del lungo corridoio, immediatamente balzarono fuori armati di tacchi a spillo e pezzi di gommapiuma, mugolando versi incomprensibili; con sangue freddo ed ancora con parte della mia mente che pensava agli amici caduti, tirai fuori il progetto del gazebo con il tunnel che aveva progettato il vecchio lallo... stava funzionando, la squadra di quadrati "sordomuti del giardino" visto lo scempio che lallo voleva serbare loro, caddero a terra privi di conoscienza. anche questa volta ce l'avevo fatta. arrivai finalmente alle scale e le discesi con passo felpato quando vidi proprio in fondo ciò che mi interessava: la porta dell'ufficio comunale con scritto a caratteri cubitali "ERNESTO GIROLIMINI". ebbi attimi di sussulto, ero vicinissimo al compimento della missione ed una scossa di adrenalina mi percorse tutto il corpo per ben due volte; presi la rincorsa chiusi gli occhi e mi gettai di spalla conto quella dannatissima porta. la sfondai con una facilità disarmante ed all'interno dopo essermi ribaltato due volte su me stesso per evitare di farmi male, balzai in piedi e fissai la persona che perplessa già mi fissava al di là della scrivania. lui era lì e sembrava quasi stupito di vederemi dopo tutti gli sforzi che aveva fatto per cercare di eliminarci completamente, ma io ero lì e lui non poteva farci più nulla. lentamente aprii il mio giubbotto anti-fabione per estrarre il prezioso contenuto dalla sua tasca interna, e mentre io mi accingevo ad aprire il giubbotto vidi che ernesto di ritirava atterrito sulla sedia come per cercare di diventare il più piccolo possibile. estrassi una lettera dalla tasca e la infilai nell'urna di cristallo proprio sopra la scrivania del girolimini. la missione era compiuta, "luna crescente" aveva consegnato il menù del grottino per la fasta dell'uva con due ore di anticipo dalla scadenza.

arx ha detto...

uni

Anonimo ha detto...

Cari ragazzi,
se la vostra fervida e "fumante" fantasia dovesse mai tramutarsi in un libro ( del tipo "psichedelie marchigiane" ...giuro che lo compro!....COMPLIMENTI!

arx ha detto...

E quest'altro chi è?
Ma la gente si vergogna ad ammettere che frequenta questo blog?
perchè nessuno si firma?